In Italia prima di equiparare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini è necessario sciogliere alcuni nodi. L’anticipato pensionamento delle donne non è stato un regalo ma il riconoscimento esplicito del doppio carico di lavoro, familiare e professionale, delle donne, soprattutto nel nostro Paese.
L’allineamento dell’età pensionabile a quella dell’uomo nel settore pubblico, peraltro da tempo richiesto dall’UE, è effettiva parità solo se contemporaneamente si attuano alcune condizioni che riducano lo squilibrio esistente tra il lavoro femminile e maschile, a cominciare dalla parità di retribuzione, dall’accesso al lavoro, dall’ ampliamento dei periodi contributivi figurativi della remunerazione piena dei congedi per maternità e parentali, all’investimento in welfare familiare e in servizi per l’infanzia e i non autosufficienti, al diritto al part time reversibile durante alcuni periodi della vita lavorativa, alla flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro, agli sgravi fiscali e assegni familiari maggiorati per i figli.
Nel nostro Paese, a differenza di altri, mancano molte di queste misure e sostegni, mentre la manovra finanziaria del Governo, attraverso pesantissimi tagli ai trasferimenti agli Enti locali, all’istruzione, alla sanità, invece che investire in nuovo welfare, ridurrà ulteriormente i servizi esistenti.
Queste carenze sono alla base della discontinuità e della fragilità sia della vita lavorativa delle donne ma anche della bassa natalità in Italia – l’ultimo Paese in Europa – che porta poi a gravi squilibri tra le pensioni di anzianità maschili e femminili, alla concentrazione delle donne nelle pensioni di vecchiaia, alla presenza massiccia delle donne tra le pensioni più basse.
L’aumento dell’età pensionabile può essere per molte donne l’occasione di invertire questi dati, ma solo se si risolveranno le condizioni di sostenibilità umana, familiare e sociale che le riguarda. In questo percorso verso la parificazione dell’età pensionabile, il Governo ci faccia sapere quali sono le misure di accompagnamento e di compensazione che intende mettere in atto per ottemperare al richiamo della Commissaria Reding. Non vorrei che in Italia il risanamento dei conti pubblici venisse pagato soprattutto dalle donne.
SONO STATA LA PIONIERA DEL LAVORO A TARDA ETA’. INFATTI HO INIZIATO AL LAVORARE A 38 ANNI E GIA’ MI REPUTO FORTUNATA ,SPECIE NEI CONFRONTI DEI GIOVANI D’OGGI CHE A QUASI 40 ANNI ANCORA NON HANNO UN LAVORO FISSO E CHISSA’ SE MAI LO TROVERRANNO VITTEME DEL PRECARIATO. OGGI A 59 ANNI SUONATI DOPO AVER SVOLTO 5 LAVORI, CASALINGA, MADRE, MOGLIE, BADANTE PER ANZIANI, IMPIEGATA, ONESTAMENTE NON CREDO DI RIUSCIRE AD ARRIVARE AI 66 ANNI, COMPRESA LA FINESTRA DI USCITA. MI ACCONTENTO DIPOCHI ANNI DI CONTRIBUTI ANDANDO IN PENSIONE ALMENO A 62 ANNI. ANCHE QUESTO POTREBBE ESSERE UN RISPARMIO PER LO STATO. NON CREDETE? DATE POSTO AI GIOVANI!!!!!